Finalmente archiviata la “saga” della Brexit (ma anche il dopo Brexit, cioè il negoziato sui futuri rapporti tra l’Unione e il Regno Unito, si annuncia non privo di difficoltà) e rinnovate le istituzioni europee dopo le elezioni del Parlamento del maggio 2019 e la nomina della nuova Commissione, ci si attende un cambio di passo che consenta all’Unione di affrontare in maniera efficace le sfide che si presentano sia al suo interno che sulla scena internazionale. Sebbene permanga, in alcuni governi e nell’opinione pubblica, un diffuso clima di sfiducia, di sospetto, se non di aperta ostilità verso l’Unione, credo che vadano guardati con molta attenzione, anzitutto, gli sviluppi nella difesa dello Stato di diritto, in particolare della indipendenza della magistratura, compiuti grazie alla “discesa in campo” della Corte di giustizia e a una sorta di alleanza tra questa e i giudici nazionali (in specie polacchi), anche mediante un sapiente impiego del rinvio pregiudiziale. Un altro aspetto, questo di natura politica, che va seguito con estremo interesse e che potrebbe segnare un inizio di rilancio nell’azione europea, è rappresentato dalla sollecitudine per i temi ambientali e per quelli sociali che emerge dai programmi e dalle prime iniziative della Commissione. Se questi saranno tradotti in termini concreti e se saranno sostenuti da una coerente “volontà politica” delle altre istituzioni, il Parlamento europeo e il Consiglio, e, in definitiva, degli Stati membri, potranno forse condurre a una svolta nell’attuazione effettiva di quello sviluppo sostenibile, ormai non più procrastinabile, nel quale la tutela dell’ambiente e la protezione dei diritti umani si integrino nello sviluppo economico, diventandone obiettivi e parti determinanti.
Per quanto riguarda i rapporti tra l’ordinamento italiano e quello dell’Unione europea va segnalato un parziale mutamento nella giurisprudenza della Corte costituzionale, inaugurato dalla ormai celebre sentenza n. 269 del 2017. Esso pare dovuto all’esigenza, avvertita dalla stessa Corte, di riassumere un proprio ruolo significativo, almeno con riferimento alla tematica dei diritti umani, tutelati sia dalla Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea che dalla Costituzione italiana. Ci sembra, peraltro, che il “riposizionamento” della Corte costituzionale, nei rapporti sia con il giudice comune che con la Corte di giustizia, richieda ancora una più precisa definizione da parte della stessa Corte costituzionale.